“Tutti sanno che il vino ha nel tempo un alleato e le viti antiche sono le più preziose. Anche chi le coltiva deve avere esperienza. Il mestiere delle vigne è da patriarchi? Le statistiche e censimenti confermano che decine di migliaia di ettari di vigneti sono coltivati da anziani. Che futuro avranno le viticolture senza ricambio generazionale? Che domani può avere un territorio dove il 70% dei viticoltori ha oltre 65 anni? Ci sono ampi angoli di Piemonte in queste condizioni. C’è chi prevede che i vigneti resteranno solo nelle isole più rinomate capaci di dare reddito dalla vendita delle bottiglie. Il resto dell’arcipelago affonderà in un mare di gerbidi, magari inseguendo il mito di qualche altra coltura. Stanno già girando le campagne profetici venditori di bambù gigante, annunciato come una biomassa a buon mercato. Alla faccia dell’Unesco. Nel frattempo ecco la crescita mediatica di attenzione verso il cibo: «Nutrire il pianeta» è lo slogan dell’Expo. Gli daremo anche da bere bene? Ci saranno spazi e idee per aprire davvero l’agricoltura e quindi anche la viticoltura ai giovani? Si favoriranno, in questa vecchia Europa, gli insediamenti stabili e non folcloristici anche di chi non proviene direttamente dal mondo agricolo? Intanto c’è chi propone corsi avvicinamento pratici battezzati «Abc Vite». A fine marzo turni di due giorni di full immersion riservati «a giovani e meno, catapultati o per amore o per forza in un vigneto, desiderosi di rendersi conto». Così annunciano alla Vit.En. di Calosso (At), centro studi-ricerche, che edita la guida del viticoltore. Tra i filari c’è spazio. Fatevi sotto. [Tratto da La Stampa del 18 febbraio 2015, autore Sergio Miravalle].