Si è provato a dargli una regola già nell’800 con una ricetta finalmente unica, detta Monferrina: solo uova, zucchero, latte e amaretti, ma alla fine si è ci si è accorti che per un dolce di quel tipo la tentazione di aggiungere cacao o rhum era irresistibile. È il «bonet», il più piemontese dei dolci al cucchiaio che deve il nome a un tipo di cappello. Il motivo? O per la forma (quella classica e non quella da stampo per plum cake) oppure al fatto che veniva a fine pasto, come cappello su un lungo menù fatto di tante portate. Il bonet anche il dolce tipo delle case piemontesi di ogni ceto e ha per chi lo fin assaggiato da bambino il migliore resta quello della nonna. Alessandro Boglione, fresca stella Michelin al Castello di Grinzane Cavour non ha dubbi: «Il bonet perfetto è quello della nonna. Ha più di 80 anni e ci ha provato spesso a svelarmi la ricetta ma non esiste tecnica e peso e proporzione: è solo manualità». Boglione in uno dei luoghi simbolo della Langa, un posto dove la tradizione è rigorosa e il bonet non si può sbagliare: «Ci provo, se posso dare due consigli dico di non avere fretta soprattutto con il ‘’bagnomaria’’ in forno ci vuole tempo, la fretta rovina tutto. E anche con l’alcool: non più di un goccio, non si deve sentire»