“I produttori del Nizza DOCG hanno avviato la pratica per distaccare questa denominazione dalla DOCG Barbera d’Asti, di cui è oggi “sottozona”, possibilità prevista dalla legge. Il futuro che hanno in mente è quello di una navicella che entra in orbita dopo essersi liberata dei primi stadi del razzo, che, consumato il combustibile, sono divenuti ormai zavorra. Sarà così? Vedremo. Intano, in una recente degustazione partecipata da giornalisti e blogger la speranza di non riascoltare il ritornello ormai abusato dei vini “con troppo legno, troppo alcool e poca acidità” è andata delusa: ma non era, o era in minima parte, colpa dei vini. Il troppo alcool è un concetto relativo. Salvo rare eccezioni non è dato, al momento, fare vini di grande struttura con il vitigno Barbera che abbiano meno di quattordici gradi naturali, perché il vitigno è un grande produttore di zucchero, e se si vuole raccogliere l’uva completamente matura questo è il dazio. E se il vino è ricco l’alcool non “brucia”. Se uno lo toglie artificialmente (cosa ormai fattibile), al di là di ogni considerazione sulla “verità” di quel vino, alla fine piace di meno. Il legno: sulla qualità del rovere, sulla scelta del bottaio e della dimensione ottimale della botte, e il modo di utilizzarla, ci sono sicuramente spazi di miglioramento. Ma i produttori del Nizza hanno costruito un’identità per questo vino che, sulla base della tradizione, prevede l’affinamento in botte: e se è vero che i grandi vini rossi non “sanno di legno”, nemmeno fanno finta di non usarlo. I banchi d’assaggio “popolari” ne apprezzano un uso ragionato, e sono testimone di consumatori che dichiarano di non amare la barrique ma che, in degustazione cieca, scelgono puntualmente vini affinati in barrique, a riprova della distanza che spesso esiste tra il gusto, o le teorie, degli “opinion leader” e quello della gente normale, anche di quella che vorrebbe in loro riconoscersi. Del resto, non molti anni fa, quando si presentava una Barbera il ritornello era esattamente l’opposto: “poca concentrazione, troppa acidità, poca rotondità e lunghezza, non adatto al gusto internazionale”. Il pendolo oscilla tra un eccesso ed il suo opposto, e bisogna guardarlo da adeguata distanza: altrimenti uno rischia di ritrovarsi con gli occhi sbarrati e la confusione in testa. L’eccesso, dice il Tao Te King, non è la Via, e ciò che non è la Via non dura a lungo. I produttori devono ascoltare i critici, ma da in piedi, non in ginocchio, e poi fare la loro strada. Secondo me i produttori del Nizza l’hanno capito. Del resto, restando in Piemonte e alla Barbera, ci sono vini Barbera d’Asti, Barbera del Monferrato, Piemonte Barbera, Colli Tortonesi Barbera, che non superano i 13 gradi, il legno non l’hanno visto e sono ottimi nella loro categoria di vini freschi e fruttati. Probabilmente si prestano a più occasioni, vanno bene per un consumo quotidiano a tavola e, infine, nulla vieta ad alcuno di preferirli definitivamente ai Nizza: de gustibus non est disputandum. Ma il Nizza resti il Nizza: come si dice in Piemonte, con il pezzo da bollito non si fanno le fettine.”
di Maurizio Gily tratto da MillevigneBlog (Il blog di Millevigne, il periodico dei viticoltori italiani diretto da Maurizio Gily).