“I turisti in città spesso cercano luoghi che facciano rivivere emozioni in stile langarolo. La moda ha preso piede ma non tutti offrono la qualità eccellente delle colline piemontesi.

Torino, piazza San Carlo. Un turista si avvicina con un italiano stentato e comincia a parlare di barolo e barbaresco. Quando si accorge di poter parlare nella sua lingua si rasserena e chiede: «Dove sono le cantine di Torino?». Ovvio che in città non ci sono cantine intese come aziende vitivinicole, anche se sarebbe bello che ci fosse un luogo istituzionale dove poter degustare i grandi vini del territorio, ma il turista cercava un luogo dove vivere l’emozione di mangiare tra le bottiglie. In realtà la tendenza in città ha preso piede da tempo. Ci sono luoghi come «Rossorubino» in via Madama Cristina che ne hanno fatto una filosofia di vita mettendo la stessa passione nella ricerca di una nuova etichetta che nel gusto con cui scovare il piatto da abbinarci. Anche la «Casa del Barolo» con l’«Enotavola di via Perugia sa offrire un punto di vista interessante per chi vuole mangiare tra le bottiglie per sentirsi un po’ come in cantina. Chi lavora con serietà offre due punti di vista molto interessanti al cliente. Una ricca scelta di vini al bicchiere, unita al coraggio di mettere a mescita anche bottiglie importanti soprattutto sul fronte del rossi. E una voglia di cercare sempre nuovi piatti, fidandosi, spesso, del gusto del cliente perché il bancone diventa l’occasione per confrontarsi su quello che c’è nel piatto e nel bicchiere. Quando mancano professionalità e serietà si fa a sbattere in realtà che servono vini alla mescita senza neppure far vedere da che bottiglia provengono e propongono piatti – anche elaborati – che passano direttamente dal congelatore al microonde con un guadagno garantito per le tasche dell’oste ma non per lo stomaco di ch mangia. Meglio allora la via della semplicità: un bicchiere di rosso, un po’ di pane e di salame”. [Luca Ferrua, La Stampa lucfer@lastampa.it twitter @ferrua_notte]